Perchè si ricorre alle medicine alternative?
di Fabio Campanile
Leggo nel libro "Ciò che i dottori non dicono"
di Lynne McTaggart: "la verità è che
la scienza medica non funziona poi così
bene". Io credo che sia in parte vero. A chi mi
chiede perché ho deciso di fare il chirurgo io
sono solito dire che le uniche classi di malattie che
la scienza medica riesce effettivamente a "guarire"
sono le infezioni batteriche (grazie agli antibiotici)
e le malattie chirurgiche compresi i tumori (grazie
alla chirurgia), con buona pace di tutti coloro che si
accaldano su tali temi.
Ovviamente questa vuole solo essere una frase ad
effetto per le conversazioni nei salotti, ma nasconde
alcune constatazioni. La maggior parte delle infezioni
batteriche che spaventavano l'umanità
perché portavano quasi invariabilmente a morte
si curano oggi con gli antibiotici e non sono
più un problema: basti pensare a peste, colera,
tifo, tubercolosi (e vi prego di non prendere le mie
affermazioni in senso assolutistico altrimenti si falsa
profondamente ciò che voglio dire). Molti
tumori, operati precocemente, vengono debellati (penso
al carcinoma mammario in fase precoce, al melanoma, ai
tumori della tiroide, del testicolo o anche all'early
gastric cancer) laddove invece se fossero lasciati a
loro stessi porterebbero a morte certa (o quasi).
Le altre malattie si possono raggruppare in due
categorie: quelle autolimitantesi (cioè quelle
che in fin dei conti guariscono da sole) e quelle
croniche. (Ricordo ancora una volta che questa è
una schematizzazione eccessiva ed è ovvio che ci
sono moltissime eccezioni: ma io qui voglio solo
impostare un discorso metodologico). Per questi due
gruppi di patologie non abbiamo ancora trovato una cura
vera e propria, cioè una terapia tale da
incidere sulla causa della malattia portandola a
scomparsa.
Questo però non vuol dire che la medicina sia
inutile. Infatti mentre continuiamo a cercare mezzi
sempre più efficaci abbiamo inventato molti
altri modi di avvicinarci alle malattie e risolverne i
problemi. Cioè se non riusciamo ad intervenire
sulla causa della malattia possiamo molto spesso agire
sul percorso che la causa stessa compie sul nostro
organismo per fare danni (cioè la patogenesi con
terapie patogenetiche) oppure alleviare i sintomi (con
terapie sintomatiche).
Questo approccio può sembrare inutile solo a chi
vuole guardare le cose con una superficialità
banale: molte malattie che, diciamo così,
guariscono da sole (cioè sulla cui causa non
riusciamo ad agire) porterebbero a morte o
invalidità se fossero lasciate a loro stesse in
attesa che l'organismo metta in atto le sue difese,
mentre questo non accade (o accade in misura minore) se
agiamo sulla patogenesi delle loro complicanze e delle
lesioni che procurano all'organismo. Mi viene in mente
il decorso della pancreatite grave (che di fatto
curiamo solo con soluzione fisiologica, cioè
acqua e sale - altra banalizzazione che però
rende l'idea -) che guarisce da sola se permettiamo
all'organismo di sopravvivere ai danni che provoca,
oppure quello delle ustioni estese che cicatrizzano per
conto loro se evitiamo che si instauri uno shock o
un'infezione. In altri casi agiamo sui sintomi: se
qualcuno ha un'artrosi tale da non permettergli di
svolgere una vita normale, il fatto di eliminare i
dolori e consentire l'attività è molto
significativo anche se non possiamo per ora curare
l'artrosi stessa o interferire con il suo processo
distruttivo.
A me non sembra poco.
Fin qui quello che riguarda la nostra capacita' di "curare".
Poi c'è un'altra cosa che la medicina fa piuttosto bene, al punto che noi a volte non ce ne accorgiamo neppure: prevenire. E non mi riferisco qui né agli screening dei tumori né ai vaccini (che pure sono tra i mezzi piu' efficaci che abbiamo per risolvere problemi di salute), né tanto meno alla prevenzione ambientale. Molte malattie sono in realtà delle complicazioni di altre: la pancreatite acuta che citavamo prima è spesso una complicanza della presenza di calcoli nella colecisti, l'embolia polmonare è una complicanza della trombosi venosa profonda, il cancro del colon sembra derivare dai polipi dello stesso colon e così via. Il trattare la colecisti oppure la trombosi è trattamento patogenetico ma allo stesso tempo è prevenzione di altre malattie. Quanti sarebbero in più le morti per embolia polmonare se non avessimo capito questo nesso e non avessimo trovato il modo per agire sulla patogenesi della trombosi? Quanti pensano a quante malattie vengono del tutto evitate grazie a questo meccanismo? Una malattia evitata non ha bisogno di essere "curata".
E poi qualcuno mi faccia capire: vi risulta che i medici sostengano di aver trovato la "cura" per tutte o anche per la maggior parte delle malattie? Non credo proprio, ed è per questo che continuiamo a discutere, nei nostri congressi e sulle nostre riviste, di questi argomenti e cerchiamo di valutare in modo critico il nostro lavoro.
Per questo io, che sono un fautore dei fatti e dell'evidenza e del metodo rigorosamente scientifico ho letto con terrore l'articolo 1 del cosiddetto "decreto Bindi" che sancisce che "sono esclusi dai livelli di assistenza erogati dal SSN [...] le prestazioni sanitarie [...] la cui efficacia non è dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili": il principio è sacrosanto, ma un principio generale stabilito per legge si presta a molte letture pericolose: ad esempio, qual'è il "livello di evidenza" tale da essere accettabile per la legge? Qualcuno dei politici o dei burocrati che avanzano simili proposte ha mai letto da qualche parte che i livelli di evidenza sono diversi ed addirittura graduati da alcune scale e che pochi sono i trattamenti che rispondono al gradino più elevato di quelle scale?
Fabio Campanile
Medico Chirurgo
Specialista in Chirurgia Generale