Chi scrive si è formato nella professione chirurgica presso la I.a Clinica Chirurgica dell'Università "La Sapienza" di Roma, come allievo del Prof. Enzo De Cesare, a sua volta allievo del Prof. Raffaele Paolucci prima, e del Prof. Pietro Valdoni poi. Questa sorta di "discendenza" dal Prof. Valdoni, un italiano che ha contribuito in modo fondamentale alla evoluzione della moderna chirurgia mondiale, significa molto per me. Quella del chirurgo non è una professione, è una scelta di vita: io non "faccio" il chirurgo, io "sono" chirurgo. E la "arte" chirurgica non è solo conoscenza tecnica, è anche mestiere, gesto, tanto spesso assimilato con gli occhi, più che imparato su un libro, è emozione, quella emozione forte e grande che apre il cuore quando il tuo impegno salva una vita, quella emozione forte e terribile che ti coglie quando non riesci a salvare il tuo paziente. Chi insegna questa materia non deve istruire i suoi discepoli solo su conoscenze tecniche: egli finisce per essere un maestro di vita . E questa è la ragione per la quale ogni chirurgo considera il suo Maestro non un semplice docente, quanto piuttosto un secondo padre. Per questa ragione, felice ed orgoglioso di avere un "nonno" così importante, rendo omaggio qui al Prof. Valdoni, riportando una sua biografia opera di un altro suo allievo, Adriano Tocchi, anch'egli professore della I.a Clinica Chirurgica della "Sapienza", pubblicato sulla rivista Corriere Medico nel 2013

Mario Campli


Valdoni: "Chirurghi si nasce, ma lo si deve diventare"

di Adriano Tocchi

Il professor Adriano Tocchi non ha avuto, per motivi strettamente biografici, l'opportunità di vivere, se non per un brevissimo periodo della sua vita accademica, l'esperienza diretta di allievo del professor Pietro Valdoni.

Questa breve nota contiene notizie e impressioni raccolte dalle confidenze e dai racconti del professor Sandro Tagliacozzo, allievo di Valdoni, con il quale Tocchi ha avuto I'onore di lavorare per oltre 15 anni e di altri allievi dello stesso Valdoni, quali Antonio Lanzara, Felice Virno, Aldo Aureggi e molti altri.


Nato a Trieste il 22 febbraio l900, dopo aver studiato Medicina a Vienna e a Bologna, Pietro Valdoni si laureava a Roma nel 1924 con una tesi di clinica ortopedica. Divenuto subito assistente in tale specialità, passava nel 1925 nella Clinica Chirurgica di Roma.

il Prof. Pietro Valdoni

Dopo essere stato titolare della clinica chirurgica all'università di Cagliari (1938), passo alle cattedre di patologia chirurgica di Modena, di Firenze e, dal 1948, di Roma, dove, successivamente, ha diretto, dal 1959 al 1970, la Clinica Chirurgica.

Nel corso della carriera accademica acquisì rapidamente grande fama, dovuta in larga parte alle eccezionali doti tecniche. Unitamente allo sviluppo dei metodi di resezione gastroduodenale, aveva messo a punto, già intorno agli anni Trenta, una tecnica perfetta di coledoco-duodenostomia ed aveva applicato al cancro del retto e del sigma il trattamento secondo Miles. Gia allora si trovava all'avanguardia nell'adozione di nuove idee e nell'esecuzione di nuove tecniche alle quali non ha mai inteso legare il suo nome. Uno dei suoi assiomi, "Molti sono i modi di praticare un intervento, ma uno solo è il migliore", sintetizza la sua continua ricerca della perfezione, sempre però temperata dalla convinzione che "Talvolta il meglio è nemico del bene". ll giusto equilibrio fra la spinta e la remora ad osare è stato certamente la sua stella polare nella ricerca della corretta indicazione e della migliore tecnica chirurgica. Sino alla fine dei suoi giorni è vissuto nell'interrogativo esistenziale se le scelte operate nella sua lunga esperienza di chirurgo fossero state le piu opportune per i Pazienti. Cio non gli impedì però di dimostrarsi deciso a fare, in ogni occasione, tutto il possibile, non abbandonare mai una speranza per tenue potesse apparire, affidando il limite di ogni intervento alla propria coscienza.

Un altro aspetto apprezzabile della sua personalità era la sua particolare attenzione alla formazione del chirurgo. Era solito dire "Chirurghi si nasce, ma lo si deve, poi, diventare". Pur non negando che, in assenza di certe doti naturali, non si possa essere buoni chirurghi, escludeva che queste fossero sufficienti per esercitare la professione in mancanza di una solida preparazione, acquisita in un qualificato ambiente chirurgico. E, ancora, può essere presa ad esempio della sua grande saggezza e mirabile intuizione quanto ebbe a dire in occasione del Congresso della Società italiana di Chirurgia di Palermo, nel 1965: "Se l'organizzazione di una società moderna richiede ad un uomo in ogni campo della sua attività di raggiungere la maturità e la piena produttività in tempo più breve per conseguire più rapidamente l'autosufficienza tecnica, non vi è altra scelta (...) della limitazione della sfera di competenza individuale". Lungimirante previsione del futuro sviluppo delle chirurgie specialistiche.

La sua determinazione ed il suo orgoglio di riuscire a plasmare dei veri chirurghi attraverso la sua scuola possono essere desunte da una altra frase che gli viene attribuita, "Nessuno può darmi ombra; solo i miei allievi potranno superarmi", cui subito aggiungeva "Ma ci vorranno almeno dieci anni ancora". Con ciò il "Professore" intendeva riferirsi ai progressi futuri, ai nuovi mezzi, di cui allora si avvertiva la mancanza e che egli intuiva avrebbero permesso nuove conquiste a condizione, però, di una buona preparazione.

Durante I'intervento, non spiegava mai quello che stava facendo, neppure una variazione di tecnica introdotta estemporaneamente: chi l'aiutava doveva comprendere, all'istante, da solo, come gli allievi nelle botteghe dei grandi maestri pittori del Rinascimento, semplicemente guardando.

Era fiero della sua scuola. "Voi mi siete cari come i miei figli; io vivo più con voi che con essi" diceva rivolto agli allievi. Grande disponibilità associata alla ferma volontà di educare al rigore, alla severità di pensiero e di costumi, senso del dovere: questa era la sigla che informò la sua vita privata e accademica e dunque i principi del suo insegnamento. ln merito era solito dire: "Quanto più un cavallo è di razza, tanto più è necessario che senta il morso".

Fare un cenno ai campi sui quali si è impegnata l'attività chirurgica del professor Valdoni è impresa ardua perché non vi è stata sfera della chirurgia alla quale egli non si sia dedicato. In merito, va ricordato il caso di embolectomia della polmonare eseguito con successo nel 1935: il nono sopravvissuto in tutto il mondo a quell'epoca. Più o meno allo stesso periodo risalgono i primi tentativi di derivazione porto-cavale e gli interventi di chirurgia sul simpatico per arteriopatie e per l'ipertensione arteriosa. Nel 1939 esegue il primo intervento, in Europa, di legatura del dotto arterioso di Botallo. Negli anni Quaranta effettua numerosi interventi per tubercolosi polmonare, empiemi pleurici, tubercolosi vertebrale e, nel 1940, la sua prima lobectomia polmonare. Nel 1948 presenta all'Accademia medica di Roma i primi casi operati per tetralogia di Fallot. Successivamente operò in ipotermia prima a cuore chiuso e poi a cuore aperto e, dal 1956, in circolazione extracorporea. Nel 1951 presentava, al Congresso di Chirurgia Toracica a Torino, la relazione sugli interventi radicali praticati per cancro dell'esofago e del cardias. Agli anni Cinquanta risalgono anche i grossi interventi per ipertensione portale e le procto-colectomie totali in un tempo, fra le prime al rnondo dopo quelle presentate da Ravitch. Nel 1952 praticò il primo intervento europeo, secondo nel mondo, di trasposizione del midollo spinale per gibbo da morbo di Pott con secondarie gravi compromissioni neurologiche. A tutto ciò deve essere aggiunta l'enorme mole di interventi di chirurgia endocrina, neurochirurgia e di tutta quella chirurgia addominale (gastro-enterica, epatica, pancreatica, renale) alla quale egli ha apportato tante novità e perfezionamenti tecnici.

Dal punto di vista organizzativo deve essere ricordata la sua illuminata e antesignana concezione dipartimentale ed interdipartimentale della chirurgia, intesa come lavoro di equipe, non di soli chirurghi, ma esteso ad altre specialità e finalizzato alla autosufficienza. Realizzò tale modello culturale e scientifico integrando, nella medesima struttura, l'attività di anestesisti e rianimatori, radiologi e laboratoristi, costantemente messi in relazione con internisti, cardiologi, neurologi ed altri specialisti tramite seminari periodici con scambi regolari di aggiornamenti scientifici e informazioni cliniche.

Di singolare valore formativo, nell'ambito della sua Scuola, la prassi di attribùire, a singoli allievi, compiti specifici in determinati campi. Questi, ovviamente in aggiunta a quelli di chirurgia generale, comportavano l'impegno a seguire la letteratura internazionale e a sviluppare la ricerca relativa al tema assegnato, riferendo poi in merito nel corso di periodiche riunioni da lui presiedute.

Altri aspetti meritevoli di nota sono una significativa capacità diagnostica e la sempre viva disponibilità ad ascoltare e apprezzare, quando ne ricorressero i presupposti, opinioni diverse dalle sue. Le sue qualità di eccellente diagnosta erano supportate, naturalmente, da una profonda conoscenza della patologia e della semeiogenesi, integrate da un'accurata e sistematica indagine anamnestica, da una tecnica di indagine obiettiva metodica, da una precisa e ordinata valutazione e comparazione degli esami strumentali e di laboratorio. A ciò si aggiungeva un'innata intuizione che gli consentiva di orientare sul giusto binario, in modo apparentemente semplice, le diagnosi dei casi anche più complessi. Si deve alla sua sempre viva disponibilità a prestare ascolto e valutare nuove informazioni ma anche a considerare pareri diversi dai suoi se, nel corso della sua esperienza, non abbia esitato a rinunciare a tecniche personali di uso consolidato. ln proposito va ricordato l'abbandono della tecnica da lui ideata di anastomosi porta-cava latero-terminale a favore dell'anastomosi latero-laterale.

Anche all'estero sono stati tributati, al professor Valdoni, numerosi, importanti riconoscimenti: le lauree ad honorem ricevute in diverse Facoltà mediche estere, le nomine a membro onorario di molte società, tra le altre le due società chirurgiche più prestigiose, l'International College of Surgeons e la Societè lnternationale de Chirurgie, le onorificenze conferite da più parti, fra le quali quelle, a lui particolarmente care, attribuitegli dallo Stato Pontificio per I'opera prestata a Papa Giovanni XXIII e Papa Paolo VI.

Se, come ebbe a scrivere Winston Churchill, le guerre sono i "treni espressi" della storia, ciò può essere considerato vero anche per la chirurgia che ha conosciuto impulso e progressi dopo le guerre. Le idee nuove germogliate attorno alla fine dell'ultima guerra mondiale hanno comportato grandi innovazioni non solo in campo chirurgico, ma anche delle discipline connesse, così da segnare una vera rinascenza. Di questo grande progresso chirurgico possono essere considerate emblematiche la figura e l'attività del professor Pietro Valdoni. Spirito rinascimentale che, facendo leva sulle straordinarie doti naturali, ha concretizzato, con tenacia e ferreo impegno, una formazione della propria personalità e della propria cultura, scevra da preclusioni e pregiudizi, perseguendo campi di ricerca innovativi e forieri di importanti sviluppi futuri.