Sperimentazione sugli animali:
il dialogo impossibile tra ricercatori ed animalisti

di Mario Campli


Chi scrive è convinto che tutti gli argomenti addotti dagli animalisti contro la sperimentazione animale non siano sufficienti a giustificare la completa rinuncia ad una pratica dolorosa ma necessaria ed utile. Tale convinzione scaturisce da lunghe discussioni con esponenti di organizzazioni animaliste, e da un confronto ben più che trentennale con le tesi antivivisezioniste
Nel dibattito che si instaura tra ricercatori, medici o biologi, con le loro convinzioni motivate da idee precise sulla sperimentazione animale, e gli animalisti, mossi più spesso da buoni sentimenti che dalla razionalità, si deve purtroppo constatare che ben presto le persone "buone e caritatevoli" che si battono per un maggior rispetto verso gli animali preferiscono, invece che motivare intelligentemente le loro scelte, attaccare rabbiosamente e personalmente i loro interlocutori.

L'animalista impegnato ha fatto la scelta dura, integrale, del rispetto assoluto degli animali: costa fatica, costa impegno, perchè si va controcorrente rispetto alle opinioni (o alle non-scelte) della società, e si è continuamente esposti al giudizio della gente "normale" che si chiede per quale ragione non solo rinunciare al progresso della scienza, al nutrirsi di carne, pesce, uova, latte e derivati, ma anche non utilizzare scarpe e cinte di cuoio, rifiutare di vestirsi con lana e pelle, o non usare certi saponi, e così via. A questo punto diventa giocoforza persuadersi della giustezza della propria scelta facendo un vero e proprio "training autogeno" per convincersi di avere ragione, identificandosi -con meccanismi psicologici ben noti- nel "branco" e assegnando automaticamente a chiunque fuori dal loro gruppo il ruolo di "nemico" da combattere ferocemente.

La conseguenza di un tale atteggiamento è che l'animalista impegnato si trasforma in un fondamentalista, il cui credo, pur non essendo una religione dettata da Dio, diventa altrettanto integrale e indiscutibile. Argomento ricorrente degli antivivisezionisti è perciò quello di dipingere gli scienziati e i ricercatori di tutto il mondo come dei pazzi sadici nazisti impegnati senza nessuno scopo a perseverare nell'impiego amorale, non scientifico, crudele e senza senso della vivisezione. Peggio ancora, non solo i "vivisettori" diventano il bersaglio del loro odio: il loro motto potrebbe essere "con noi, o contro di noi", e quindi chiunque non appoggi le loro scelte estreme diventa un obiettivo da colpire. In diverse occasioni mi è capitato di assistere a discussioni tra animalisti e vegetariani, rei questi ultimi di tollerare lo "sfruttamento" delle mucche e delle galline per ottenerne latte e uova per l'alimentazione: ebbene anche in questi casi gli animalisti hanno sempre manifestato uno spirito profondamente illiberale e intollerante nei confronti di coloro che non avevano abbracciato il loro fondamentalismo, pur essendo i vegetariani certo più vicini al loro modo di pensare di qualunque persona "normale".

Persone estranee alla filosofia animalista/vegana/vegetariana si sono trovate a commentare:

«[...] Il vegetariano è una persona sensibile. Non mangia carne, ma non si inventa scuse assurde per giustificarlo. Non tira in ballo il fatto che vivrà due mesi in più di un "carnivoro" solo perchè mangia tofu invece di hamburger, nè si ridicolizza inventandosi le motivazioni più assurde per spiegare come mai non indossa un maglione di lana o non beve il latte col nesquik. Il vegetariano non mangia la carne perchè gli fanno pena gli animaletti che gli fanno gli occhi dolci [...]
Il vegano no. Il vegano ha chiaramente dei problemi [...] I vegani sono aggressivi, respingono il "diverso". Sono come i negri con le collanone dorate, usano la scusa della diversità e del razzismo per sfogare la loro rabbia, finendo con l'essere loro stessi i veri razzisti [...]».

Questo atteggiamento è più che giustificato dal diverso spirito con il quale animalisti, vegetariani e persone cosiddette "normali" si pongono nei confronti degli animali e della natura. Per gli animalisti gli animali sono sullo stesso piano degli uomini, con pari dignità e pari diritti, meritevoli del rispetto dovuto alle persone, e quindi mai e poi mai "risorse" da sfruttare. Per i vegetariani e per moltissimi onnivori gli animali sono meritevoli di attenzione, ma comunque restano "risorse" per la nostra sopravvivenza, risorse che dovremmo compiere il massimo sforzo per trattare in modo umano e intelligente, evitando le crudeltà e perseguendo il loro benessere entro il limite dell'interesse degli uomini. E infine, ahimè, c'è una gran massa della gente che non si pone coscientemente il problema, che ignora il conflitto tra benessere degli animali e interessi degli uomini, ma magari è pronta ad abbracciare senza riflettere, sulla spinta delle emozioni, la scelta superficiale di "abolire" la sperimentazione sugli animali.

Gli scienziati e i ricercatori sono uomini normalissimi come possono esserlo benzinai, notai, netturbini o ingegneri: in mezzo a loro si possono trovare persone integerrime o con pochi scrupoli, come in qualsiasi altra fetta di umanità. Poiché si tratta di persone in media normali, nessuno di loro gode delle sofferenze e della morte degli animali da esperimento, per cui "se" esistono delle alternative valide, sono ben lieti di utilizzarle. Il punto è proprio "se" tali alternative siano in grado di rimpiazzare l'impiego degli animali in ogni campo della ricerca biomedica. La risposta, oggi, è no, per una lunga serie di ragioni che sono esaminate in dettaglio in un altro documento. Tale risposta significa che il completo abbandono della sperimentazione animale è impossibile, almeno per ora; significa che la sperimentazione animale è giustificata, utile e necessaria, seppure con rammarico; ma non significa, come vorrebbero far credere gli animalisti, sposare la tesi che tutto sia lecito e consentito agli scienziati, nè che controlli e leggi limitative non siano necessarie. Vuol dire, però, che ci sono seri motivi per non rinunciare completamente alla sperimentazione animale, allo stato attuale delle conoscenze.
Di fatto, se il ricorso agli animali nella ricerca oggi è diminuito rispetto al passato, ciò è dovuto alle scelte degli scienziati e dei ricercatori: è loro il merito di aver promosso e sviluppato metodi alternativi che hanno permesso di ridurre notevolmente (anche se non abolire) l'impiego degli animali da esperimento. Di tutto questo pochissimo merito può ascriversi ai cosiddetti "animalisti", che con i loro atteggiamenti e comportamenti, invece di incoraggiare il dialogo e contribuire fattivamente al progressivo miglioramento della condizione degli animali, preferiscono cercare lo scontro diretto, facendo irrigidire le posizioni dei loro interlocutori in un "muro contro muro" che certo non giova alla causa degli animali.


Mario Campli
Medico Chirurgo
Specialista in Chirurgia d'Urgenza e Pronto Soccorso